Come tutti i gattini, sono curiosa: c’è qualche speranza che questi due giovani possano vivere insieme felici e contenti?
Fortunatamente, la mia dolce padrona, Grace, ha qualche libro nel suo appartamento che tratta di Lucca e della Toscana, e dato che ho tantissimo tempo per svagarmi, ho deciso di fare delle ricerche.
Ho capito che per comprendere appieno le difficoltà che DeDo e Wendy affrontano, sarà necessario tornare indietro a centinaia di anni fa, bisognerà infatti tornare all’inizio di quello che chiamerò “Il grande scontro” fra varie famiglie lucchesi.
La buona notizia e’ che, se scorriamo la storia lucchese, troviamo dei dati nei libri che ho letto, ed altri che invece, per necessità, ho dovuto immaginare, il cui insieme ci permette di visualizzare un barlume di speranza per la giovane coppia di amanti della spiaggia – un po’ come quello scintillio dei lampioni di Corso Garibaldi a Lucca che aiuta le coppie di ragazzi a trovare la strada per le mura verso una perfetta pina colada al San Colombano alle 21 di sabato sera.
Che, ovviamente, deve essere bevuta senza mascherina.
Quello che io chiamo Il Grande Scontro cominciò nel ‘300.
(Beh lo so che è stato tanto tempo fa, ma preferisci imparare qualcosa sulla Lucca del ‘300 o guardare un ridicolo reality show con portieri che vanno su monocicli e cercano di parare i goal di calciatori che indossano mascherine tanto grandi da bendare i loro occhi?)
… (Via gente, smettete di pensare ai portieri sui monocicli, che è un’idea sciocchissima, poiché sarebbe virtualmente impossibile per loro parare i goal, anche se i calciatori avessero gli occhi bendati, giusto?)
Comunque, continuando con il racconto…
Castruccio Castracani, uno dei più grandi lucchesi nella storia,
aveva un’idea per un’opera enorme che era convinto avrebbe reso Lucca famosa quanto l’Egitto lo è per le piramidi.
Milioni di persone da tutte le parti del mondo avrebbero fatto il pellegrinaggio a Lucca solo per vederla. Questi milioni di persone avrebbero quindi pagato un piccolo dazio doganale per vedere l’opera, ma con il passare del tempo, Lucca avrebbe guadagnato milioni di lire, utili a trasformare la città in una potenza internazionale!
Castracani chiamava l’opera il suo Progetto BRENDA.
Castracani e la sua squadra di architetti, geometri e finanziatori erano cosi’ riservati riguardo al progetto che nessun altro conosceva la motivazione, il disegno, lo scopo o la tempistica dell’opera. Di conseguenza, il Progetto BRENDA divenne fonte di discussioni e dibattiti giornalieri nei caffè più importanti di Lucca.
Per esempio, al famoso Caffe’ Savoia,
molti erano convinti che Castracani volesse espandere le antiche mura romane per renderle cosí alte e larghe che centinaia di persone ci potessero andare a cavallo, a corsa o a passeggio, tutti nello stesso momento.
Un uomo disse: “Le mura saranno cosí grandi che potrebbero addirittura metterci sopra bar e ristoranti!”
Una signora elegante lo contraddisse, dicendo, “No, il segretissimo Progetto BRENDA dev’essere qualcosa di nascosto dentro le mura stesse, forse una galleria monumentale per l’arte: più grande e maestosa degli Uffizi di Firenze!”
Ma arrivare ad un consenso fu impossibile, perché Castracani e la sua squadra si rifiutavano di commentare.
Si sentivano così tanta eccitazione e tante speculazioni da parte del popolo lucchese subito prima della magnifica processione di Santa Croce del 1319, che
l’amico del cuore del Castracani, Aldo “Lippy” Di Simo, mentre prendeva un espresso ed una fetta di lardo servito su un pane speciale importato da un famoso forno di Viareggio, si fece sentire mentre diceva(ad alta voce al bel caffè che poco dopo acquisto’):
“Ma perché il duca vorrà così tanti baluardi?”
Nessuno capì cosa volesse dire, ma il commento genero’ un sacco di pettegolezzi e diventò oggetto di tante discussioni nei bar, quando, naturalmente, i lucchesi non discutevano il calcio.
Al nuovo bar di moda Caffe’ Elvira nell’anfiteatro, la maggioranza dei clienti erano convinti che il misterioso Progetto BRENDA del Castracani avesse a che fare con la costruzione di un complesso super elegante con piscina e spa all’interno dell’anfiteatro che sarebbe poi stato chiamato La Pantera.
La proprietaria del caffè, un’ imprenditrice furbetta che si chiamava Chiara Chiaro,
insisteva che aveva già visto i piani per La Pantera, dicendo:
“Nel mezzo dell’anfiteatro, ci sara’ una piscina bellissima di marmo a forma di pantera. Camerieri eleganti serviranno bicchieri grandi di cristallo pieni di Punt e Mes, prosecco e Negroni ai clienti sdraiati su bellissime poltrone con teli da mare spessi, morbidi e bianchi, come fanno al Reid’s Palace Hotel a Madeira. Un quartetto dei migliori violinisti Toscani, seduti su una pedana fantastica con vista sulla piscina, suoneranno canzoni dalle più favolose opere nuove che saranno ordinate e suonate esclusivamente dal complesso nell’anfiteatro.
Questa bellissima visione riguardo alla Pantera sembro’ ancora più probabile quando un giorno una splendida carrozza tirata da quattro cavalli arrivo’ al palazzo del Castracani,
e la famosissima compositrice Ilaria Puccini,
una lontana antenata di un compositore di Lucca che sarebbe poi diventato famosissimo, scese dalla carrozza con il suo cucciolo allegro, Irene, e fu accolta caldamente dal Castracani stesso.
Ma nessuna costruzione iniziò nell’anfiteatro.
E questo fatto cominciò a nuocere ad alcune delle altre prominenti famiglie lucchesi. Uno di loro disse: “Perché il Castracani attrae tanta adulazione ed eccitazione pubblica quando non fa proprio niente di utile? L’unica sua proposta concreta e’ stata di trasformare quel grande palazzo in fondo ai fossi in una fabbrica gigantesca per la manifattura delle sigarette!” Il che era vero, ma ne parleremo a fondo più tardi….
Una delle famiglie più scocciate dalla situazione erano i Guinigi.
Il capo della famiglia si chiamava Roberto Roberto Guinigi.
Era molto bello, con mandibole forti ed una testa di fitti capelli neri. Era alto un metro e novantaquattro e non aveva paura di niente e di nessuno. Era così carismatico ed affascinante che nessuno notava la ridondanza del suo nome. Invece di Roberto Roberto tutti lo chiamavano semplicemente: “Doppio R”.
Doppio R pensava che il concetto della Pantera, una piscina al livello della strada, non possedesse la maestosità e la visione panoramica di cui aveva bisogno Lucca — voleva un simbolo magnifico per la città che la lanciasse su scala mondiale.
Doppio R credeva che la città avesse bisogno di qualcosa di molto più alto e grande — dal quale si potesse guardare giù su tutto — qualcosa di molto, molto più alto —
e in modo particolare più alto di quella sciocca torre pendente di chissà chi, l’orgoglio di quella città in riva a un fiume e ad una palude a sud di Lucca, che era così pretenziosa da pensare che tutto il mondo dovesse inginocchiarsi davanti al suo monumentale errore d’ingegneria!
No, Doppio R sognava una cosa alta, dritta, elegante e … con qualcosa di molto speciale in cima…
Per due anni, Roberto Roberto Guinigi ne sognò, ma non riuscí a creare la formula magica che avrebbe reso il nome della sua famiglia famoso per l’eternità. Poi un giorno, mentre pranzava con un po’ di farro e tordelli con sua moglie Giovanna Gina, che tutti chiamavano “GiGi,” il loro piccolo, Paolo, che aveva quattro anni, aprì la bocca e disse, “Papà’, perche’ non costruisci….”