Tanti personaggi vivevano sulla piccola piazza nel cuore di Lucca che si chiama Piazza dei Cocomeri. Da lì si vedevano virtualmente la Chiesa di San Michele e la casa natale di Giacomo Puccini, e ci stava anche la famiglia Bedini, nonostante Mamma abbia sempre sostenuto che casa sua era in via San Paolino con vista della piazza, e non nella piazza, una distinzione alla quale teneva tanto per una ragione che non ho mai capito.
All’angolo ovest della piazza, c’era l’Albergo Aquila d’Oro che Mamma diceva fosse molto elegante e che avesse pure un ottimo ristorante. E’ tanto che non esiste piu’, ma l’uscio con il nome si vede ancora in via San Paolino.
Il ristorante secolare, la Buca di Sant’Antonio era una piccolissima bettola a quei tempi, semplice e non elegante come oggi. Al suo posto in via della Cervia, una volta c’era il garage di Bruno, un meccanico d’automobili ed autista che ogni estate trasportava le famiglie Bedini e Pancaccini con tutti i figli, biancheria e la ragazza di servizio a Viareggio per il mese di luglio. Non sorprende che con tanta gente e bagagli, tutti (eccetto le signore madri) dovevano scendere dalla macchina ed andare a piedi fino in cima alla salita di Monte di Quiesa.
Nella prossima posizione c’era la selleria Simi. La figlia del quale lavorava al negozio alimentare di Nonno Cecco e Nonna Betta.
Poi si trovava la casa dove abitava Angela (l’amica del cuore di mia madre), con sua madre la Signora Elena e suo padre, il Dottor Frediano Francesconi, un otorinolaringoiatra. L’ufficio del medico si trovava al primo piano e la famiglia viveva ai piani di sopra. Questo fu molto importante quando da piccolo venne la tonsillite a mio zio Carlo: i suoi genitori fecero presto ad attraversare la piazza per portarlo dal Dottor Francesconi, che gli tolse velocemente le tonsille. Il trauma fu placato con l’assistenza di un’altra vicina di casa, Angelina, che gli fece avere tanto gelato. La gelateria Santini è sempre nello stesso posto in Piazza Cittadella all’angolo con via San Paolino, ed ancora oggi la gelateria viene chiamata “Angelina” dai suoi devoti fan.
Sul lato sud della piazza c’era un fabbro, detto brusciafero, che lavorava tanto a fare scarpe e staffe e morsi nuovi per i cavalli dei suoi clienti, e che di conseguenza si doveva dare molto da fare per mantenere pulita la piazza per tenere contenti i suoi vicini. Accanto alla sua bottega c’era una parrucchiera, e nella piazza, un piccolo chiosco che vendeva i giornali. Il chiosco esiste ancora – molto ingrandito e diretto dalla stessa famiglia. Nonno Gino era affezionato a questo giornalaio perché tutte le mattine era sempre pronto a consegnargli i giornali quando andava a lavorare al Savoia.
Dall’altro lato di via San Paolino al nord c’era il Caffè Svizzero, che Mamma diceva fosse bello, ma non tanto elegante quanto il Savoia. Il proprietario aveva una figlia simpatica, Mara, che andava a scuola con Mamma. Ma nessuno poteva starle più vicina di Angela. Mamma diceva spesso che lei ed Angela si conoscevano anche prima di essere nate perché le loro madri molte volte si salutavano attraverso la piazza e parlavano di come stavano. Mamma e’ nata solo undici giorni prima di Angela nel 1923.
Mamma credeva che la casa dov’era nata fosse una torre perché ogni livello era separato da sette scalini più quattro scalini, con alcune stanze che davano sul dietro ed altre sulla piazza davanti. Le stanze di dietro avevano finestre su un cortile con pozzo che condividevano con il dietro di alcuni palazzi in via di Poggio. Una volta un uomo che affittava camere là dove ora c’e’ l’Hotel Puccini, cominciò a sbattere un tappeto fuori dalla finestra — il vento portava la polvere fino nella cucina dei Bedini – mio nonno gli urlò di smettere e di stare attento a cosa stava facendo, al che l’uomo arrabbiato gli rispose che i Bedini erano “pidocchi rifatti”!
Da piccola, Mamma si ricordava che stava seduta al sole, sotto la grande finestra del salotto su una coperta in terra e guardava la polvere che galleggiava nell’aria. Inoltre le piaceva guardare dalla finestra mentre Adelina Simi, la donna che lavorava al negozio di Nonno Cecco, le raccontava tutto di tutti quelli che passavano, del loro passato e i dettagli delle loro vite.
Alcuni dei personaggi erano:
Una famiglia lucchese che era ritornata dal Texas con una grande fortuna, con la quale comprarono quasi tutta Piazza della Cervia ed ancora di più… Raccontava che il padre aveva un negozio a Galveston dove uno poteva comprare qualsiasi cosa volesse: da un cocomero ad un aeroplano – e se non avevano ciò che volevi, te lo trovavano.
Una volta, Adelina organizzò una stratagemma che non piacque a Nonno Cecco, ma che riuscí: Adele fece sì che la sua bella sorellina venisse al negozio di alimentari tutti i giorni a mezzogiorno quando sapeva che passava il bel Signor Domenico, figlio di quello con il patrimonio. Opportunamente, i giovani si salutarono, poi si parlarono, e presto si sposarono.
Un’altra famiglia notevole erano i Pacini. I Pacini erano così ricchi che ai loro 11 figli non mancava nulla: arrivavano al Bagno Gino ogni estate (come tante famiglie lucchesi) ma erano ben organizzati con una bambinaia o governante tedesca per ogni quattro figli, e di conseguenza erano molto ben educati. Il padre Pacini aveva fatto la sua fortuna in Colombia. Come tutte le famiglie lucchesi, i Pacini prendevano in affitto una villetta vicina al bagno, però la famiglia del Montauti, (la moglie del quale aveva “un million’ per puppora”) possedeva una bella villa con una torretta sul lungomare vicina al Principe di Piemonte. La loro figlia era un po’ grassoccia e non sembrava tanto intelligente, ma andò a finire che sposò il figlio un po’ grassoccio e non tanto intelligente di un mercante d’olio benestante. Mamma si ricorda che una volta vide la loro limousine ripiena di valige e piante, e loro due che ridevano come mattarelli nel sedile ribaltabile sul retro della macchina.
Allo zio Carlo piaceva dare soprannomi a tanti di quelli che passavano regolarmente dalla piazza – non sono tutti nomi molto “corretti” ma rendono in breve la storia di ognuno:
~ il figliolo del vescovo
~ testa a filoncino
~ l’uomo scolorito
Ma ce ne erano altri senza nomi che dettero nell’occhio a Mamma:
~ l’elegantissimo signore alto che passava ogni mattina per andare alla messa, con la faccia tinta completamente di bianco.
~ un uomo incredibilmente gobbo che vendeva le bucce di limone e d’arancio candite da un carrello in Piazza Grande – frutti attraentissimi ma proibiti da nonna Marianna – un uomo che camminò dritto e perse la gobba il giorno dopo la Liberazione.
Per divertirsi un giorno quando aveva circa 14 anni, lo zio Carlo, con il fratellino di Angela, Giuseppe, ed Annibale, un ragazzino che stava vicino a loro, misero fuori dalle finestre su via San Paolino un sistema di carrucole per mandarsi messaggi a lunga distanza. Ebbero un grande successo, ma dovettero tirare il tutto giu’, e così non ci rimase niente da vedere sopra piazza dei Cocomeri con l’eccezione di una lampada coperta da ciò che sembrava un cappello che versava gocce di acqua lentamente quando pioveva.
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